Dinner Club e il valore della convivialità

Dinner Club e il valore della convivialità

È uscito Dinner Club, il nuovo format di food travelogue italiano di Amazon Prime Video. Divertente, intelligente, perfino didattico, racconta in sei episodi altrettanti viaggi di scoperta attraverso luoghi particolari, tipicità locali, incontri inconsueti. Quello che ne esce è un’italianità gustosa che tocca il cuore, la mente e il palato. Ma non solo. Dinner Club mette in scena il piacere della convivialità e dello stare insieme per scherzare e per “cum vivere”, configurando la tavola come metafora della vita.

Con un super cast composto dai sei neo-gastronauti Diego Abatantuono, Fabio De Luigi, Pierfrancesco Favino, Sabrina Ferilli, Luciana Littizzetto, Valerio Mastandrea e dal loro mentore Carlo Cracco, ogni puntata presenta un rituale: la cena post viaggio preparata dal protagonista di turno. Si tratta di momenti di straordinaria normalità che rendono il racconto divertente e ironico, capace di portare lo spettatore all’interno di quello spazio conviviale. Proprio quello spazio che ci è mancato così tanto durante la pandemia. Riscopriamo, attraverso i protagonisti, il valore di un luogo comunicativo, la tavola appunto, spazio di confronto sia affettivo che intellettuale. La superficie conviviale diventa il canovaccio su cui intessere relazioni e interagire in modo diretto e spontaneo. L’atmosfera che si crea è divertente e capace di coinvolgere emotivamente lo spettatore fino a farlo sentire parte di quel convivio.

La narrativa gastronomica in TV: da Mario Soldati a Dinner Club

Dinner Club riprende in qualche modo il primo programma televisivo “Viaggio nella valle del Po” di Mario Soldati sulla cucina e il viaggio prodotto dalla Rai nel 1957. Il primo episodio con Fabio De Luigi sul delta del Po e alla scoperta della salama da sugo, ne è una palese citazione, quasi un doveroso omaggio.

“Viaggio nella valle del Po” di Mario Soldati , 1957.

«Viaggiare è conoscere luoghi, genti e paesi. […] E qual è il modo più semplice e più elementare di viaggiare? Mangiare e praticare la cucina di un Paese dove si viaggia. Nella cucina c’è tutto, la natura del luogo, il clima, quindi l’agricoltura, la pastorizia, la caccia, la pesca. E nel modo di cucinare c’è la storia, la civiltà di un popolo. L’uomo come ha avuto la prima idea di viaggiare? Ma l’ha avuta molto probabilmente mentre lui stava fermo e guardava qualcosa che si muoveva, che viaggiava, che andava, per esempio le nuvole del cielo, gli uccelli che migrano, un fiume che scorreva».

Con queste parole Mario Soldati apriva il suo programma televisivo che ha il merito di aver costruito la prima narrativa gastronomica di viaggio italiana. Detto più precisamente, costruisce lo storytelling sul cibo legato alla scoperta del territorio per raccontare quanto ogni angolo della valle del Po, dal Monviso all’Adriatico, custodisca un tesoro paesaggistico e culinario di valore.

In Dinner Club torna al centro la narrazione: le storie delle persone e delle famiglie che i due viaggiatori di turno incontrano lungo il cammino si intrecciano con il viaggio di scoperta che compiono i protagonisti stessi. Ne esce un racconto autentico e diverso rispetto ai tanti programmi e show gastronomici. Perfino Cracco è meno Cracco: più spontaneo e meno rigido, sorridente e ironico, a tratti divertente. Questo perché il format non è costruito in modo da imbrigliare in ruoli-caricatura i personaggi come nei reality e nei talent televisivi. Qui nessuno vince, ma tutti ci mettono massimo impegno per dare il meglio nella preparazione del cibo per gli amici nel rituale della cena collettiva.

Un racconto cinematografico

Dinner Club ha saputo uscire dall’ossessione mediatica del food porn per entrare in un racconto contemporaneo in cui il cibo è un espediente per parlare di territorio, di storie, di stati d’animo, di molte cose che possono nascere intorno a una tavola o durante un viaggio di scoperta. C’è una visione d’insieme, che rende il racconto complesso e cinematografico. Esterni e interni, ambienti e tipicità, esperienze e sensazioni sono in dialogo continuo.

I valori legati alla scoperta o riscoperta delle micro-territorialità passano attraverso l’esclusività dei luoghi e delle persone che ne fanno parte, ingredienti imprescindibili per suscitare emozioni. Proprio la peculiarità del territorio e delle persone che ne fanno parte tracciano la differenza con ciò che è industriale e standardizzato.

“Mangiare il territorio” e allargare gli orizzonti

Dinner Club – Scena tratta dal VI episodio

Il territorio visto attraverso l’enogastronomia, diventa una rete solidale di accoglienza e tipicità. Il cibo non è solo qualcosa da mangiare, ma simbolo e promotore di un luogo. I sei personaggi attraverso il loro viaggio di iniziazione accompagnati sempre dal mentore-chef diventano a tutti gli effetti dei provetti gastronauti, animati dal desiderio di convivialità e aperti a nuove esperienze di luoghi e di cibi.

“Mangiare il territorio” è l’espressione coniata da Italo Calvino in Sotto il sole giaguaro, a significare che l’unico modo per viaggiare realmente è attraverso la scoperta dei sapori di un territorio e della sua cucina. Il gusto, troppo spesso rilegato a senso inferiore, è visto come uno strumento che ci permette concretamente di entrare in contatto e di relazionarci, con un qualcosa, altro da noi.

L’invito a sperimentare ha da sempre il significato di allargare gli orizzonti mentali e affettivi che fanno parte di ciascuno. Come spettatori di Dinner Club si può decidere se lasciarsi contagiare da questa avventura e lasciarsi trasportare, anche solo per lo spazio di un episodio, in questo viaggio di scoperta intelligente e gustoso.

Maria Pia Favaretto

Crediti fotografici

Foto di Abdulmajeed Hassan da Pixabay

 
 
Related Posts