Cibi ultraprocessati e marketing

Cibi ultraprocessati e marketing

La grande industria alimentare e il marketing influenzano il carrello della spesa? Il consumo di cibi e di diete “facili” quanto sono condizionati dai packaging che vantano ingredienti salutari?

Ho avuto il piacere di essere ospite in studio alla trasmissione “Gocce di Petrolio” su Rai 3 condotto da Duilio Giammaria, che ha presentato un’inchiesta scientifica sui rischi per la salute a causa di uno smisurato consumo di cibi ultraprocessati. Il mio compito? Quello di mettere l’accento sulle strategie di marketing aggressivo che le Big Food adottano per persuadere il consumatore all’acquisto.
La puntata, andata in onda il 25 ottobre scorso e oggi disponibile su Raiplay, ha visto come ospiti della trasmissione l’epidemiologa Licia Iacoviello, il divulgatore scientifico Chris Van Tulleken, il genetista endocrinologo e scienziato Giles Yeo, il biologo nutrizionista Valter Longo e la food blogger Alessandra Fontana.

Cosa sono i cibi ultraprocessati?

I cibi ultraprocessati sono alimenti industriali che subiscono molteplici fasi di lavorazione e contengono ingredienti non comuni in una cucina domestica, come additivi, conservanti, coloranti, dolcificanti e aromi artificiali. Questi alimenti sono spesso ad alto contenuto di zuccheri, grassi saturi e sale, ma poveri di nutrienti essenziali.

Esempi di cibi ultraprocessati includono snack confezionati, bevande zuccherate, pasti pronti, cereali per la prima colazione e fast food. Sono spesso progettati per essere molto appetitosi e facilmente consumabili, ma il loro consumo eccessivo è stato associato a vari problemi di salute, come obesità, malattie cardiovascolari e diabete.

Il termine “cibi ultraprocessati” è stato coniato da Carlos A. Monteiro, un nutrizionista e ricercatore brasiliano e ripreso da altri autori e ricercatori come Chris van Tulleken Ultra-Processed People: Why Do We All Eat Stuff That Isn’t Food? In questo lavoro, van Tulleken esplora l’impatto dei cibi ultraprocessati sulla nostra salute e sulle nostre abitudini alimentari.

Un marketing aggressivo?

Una delle principali sfide relative alla comunicazione dei cibi ultraprocessati è la dissonanza tra la percezione del pubblico e la realtà scientifica. Molti consumatori possono associare questi alimenti a convenienza, praticità e gusto, ignorando i potenziali rischi per la salute. Le strategie comunicative utilizzate dalle aziende creano una narrazione attraente attorno a questi prodotti, rendendo difficile contrastarla con informazioni più accurate.

Il branding gioca un ruolo fondamentale nel marketing dei cibi ultraprocessati. Le marche investono enormi risorse nella creazione di un’immagine positiva, associando i loro prodotti a esperienze di divertimento, socialità e comfort. Non solo. Spesso anche il codice visivo e testuale del cibo ultraprocessato è quello del cibo sano e green. Sembra più sano e sostenibile perché esplicita che ha le fibre, che aiuta il sistema immunitario, che ha il 30% di zucchero in meno (anche se non si sa con chi lo si paragoni), che ha la vitamina D, che ha 20 miliardi di probiotici e così via. È un messaggio che mira a compensare un’ipotetica carenza, facendo credere che ci sia uno squilibrio nella dieta.

I colori del packaging sempre più vivaci e glamour, le confezioni innovative e i loghi memorabili attirano l’attenzione e creano un’identità forte, facendo leva su emozioni e aspirazioni. Questo perché ci nutriamo di percezioni e di sensazioni visive prima ancora che gustative.

Targeting e pubblicità

Questi prodotti, ricchi di zuccheri, grassi e additivi chimici, sono sapientemente confezionati e pubblicizzati per attrarre i consumatori, spesso ignari dell’impatto di questi cibi sulla propria salute.

Le aziende di cibi ultraprocessati utilizzano sofisticate analisi dei dati per comprendere le preferenze dei consumatori. Grazie ai social media e alla pubblicità online, riescono a raggiungere specifici segmenti di pubblico con messaggi mirati e altamente efficaci. La pubblicità di cibi ultraprocessati è onnipresente e omnicanale, le risorse investite in comunicazione sono altissime. Le tecniche narrative, come storie coinvolgenti e contenuti emozionali, contribuiscono a costruire un legame tra brand e consumatore. Le aziende spesso utilizzano celebrità e influencer per promuovere i loro prodotti, creando un’associazione positiva tra il consumatore e i prodotti. Questi ultimi vengono frequentemente associati a esperienze positive e stili di vita desiderabili, creando un’illusione di salute e benessere. Il consumatore è portato a credere che alimenti ricchi di zuccheri e grassi possano essere parte di una dieta sana, contribuendo così a scelte alimentari poco consapevoli.

Le campagne di comunicazione, spesso rivolte a bambini e adolescenti, sollevano preoccupazioni etiche, poiché questi gruppi sono più vulnerabili e meno capaci di prendere decisioni informate.

Accessibilità e Convenienza

Spesso, i cibi ultraprocessati sono meno costosi rispetto a opzioni fresche e sane, rendendoli così più accessibili per molte famiglie. Inoltre, sono progettati per essere gustosi e soddisfare le preferenze alimentari, aumentando il loro richiamo.

Questi cibi sono facilmente reperibili e convenienti. La loro disponibilità in supermercati, negozi di alimentari, vending machine e fast food rende la scelta di questi prodotti un’opzione semplice per molti consumatori. La vita frenetica di oggi spinge le persone a cercare soluzioni rapide, favorendo il consumo di cibi pronti e facili da preparare. Questi alimenti possono creare dipendenza e portare a scelte alimentari impulsive, rendendo difficile resistere a consumi eccessivi. Il marketing aggressivo e le strategie pubblicitarie mirate giocano un ruolo chiave in questo fenomeno.

Conclusioni

In sintesi, le ricerche sui cibi ultraprocessati mettono in evidenza una serie di rischi per la salute e sfide sociali.

Nel suo lavoro, van Tulleken ha suggerito l’importanza di educare i consumatori sui rischi associati ai cibi ultraprocessati, proponendo una maggiore trasparenza nelle etichette alimentari e regolamentazioni più severe sulla pubblicità, soprattutto quella rivolta ai bambini.

Il marketing dei cibi ultraprocessati è una questione complessa che richiede una risposta critica e collettiva. È essenziale che i consumatori diventino più consapevoli e critici riguardo alle loro scelte alimentari, e che le politiche pubbliche si impegnino a regolamentare la pubblicità di questi prodotti, soprattutto verso i più giovani. Solo attraverso un cambiamento culturale e strutturale accompagnato da una maggiore educazione al consumo possiamo sperare di invertire la tendenza attuale. La vera sostenibilità e salute non derivano solo dalla modifica di prodotti ultraprocessati, ma da una cultura alimentare che valorizzi cibi freschi e nutrienti.

In Italia, il dibattito sui cibi ultraprocessati è attivo e coinvolge una varietà di attori, dai ricercatori agli attivisti e la crescente consapevolezza riguardo agli effetti sulla salute e sull’ambiente ha portato a un maggiore interesse sui rischi di questi cibi.

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